I Lacedemoni sul Mare

A cura di Rolando Maeran

Più o meno noi modellisti siamo a conoscenza delle grandi battaglie navali tramandateci dai libri di storia. Per citarne alcune quella di Capo Ecnomo 256 ac. tra Roma e Cartagine durante la prima guerra punica. Lepanto nel 1571, tra la flotta cristiana e quella turca. Famosissima, per noi modellisti, quella a nord ovest dello stretto di Gibilterra a Capo Trafalgar nel 1805, tra la marina inglese e la flotta franco spagnola. Lissa del 1811, tra la coalizione franco-veneta contro quella britannica e, più vicina ai nostri tempi, la battaglia delle Midway 1942, tra Stati uniti e Impero del Sol Levante.

Lissa del 1811, tra la coalizione franco-veneta contro quella britannica e, più vicina ai nostri tempi, la battaglia delle Midway 1942, tra Stati uniti e Impero del Sol Levante. Se cito due nomi, PATRE e NAUPATTO, probabilmente non vi dicono niente eppure sono due battaglie che si svolsero nel Peloponneso nel 429 ac. tra i Lacedemoni e gli Ateniesi per il dominio del golfo di Patrasso e Corinto.

La guerra del Peloponneso durò circa trent’anni nel tentativo di Sparta di avere l’egemonia sul golfo del Criseo (Corinto) avendo così libertà di accesso al mare Jonio. Gli spartani, abili e temibili combattenti sulla terraferma, non lo erano in mare causa la poca pratica in confronto alla grande esperienza di Atene. La regina delle navi di allora era la TRIERA (in pratica simile alla trireme romana) provvista di vela e remi per la navigazione ma, durante il combattimento, si usavano solo i remi.

Veloci navi dalla linea snella e dotate di grande manovrabilità erano piuttosto piccole e mal sopportavano le tempeste tanto che era tendenza a non utilizzarle nelle brutte stagioni. A causa del limitato spazio di carico avevano a disposizione poca acqua e viveri, quindi erano costrette a frequenti soste per il rifornimento.

Gli elementi che le caratterizzavano erano il rostro per speronare e le piattaforme da combattimento dove alloggiare i soldati, queste caratteristiche determinarono la tattica di abbordaggio e speronamento.

Si può dire che il risultato della battaglia dipendeva sia dalla bravura dei rematori che dalla abilità dei loro comandanti ma, soprattutto, dalla loro esperienza. Cosa avvenne a Naupatto? Sparta organizzò una spedizione con più di mille opliti, ovvero guerrieri della fanteria pesante, per sottomettere l’Acarnania, alleata di Atene.

Venne predisposto un convoglio di cinquantasette triere con partenza notturna per eludere la sorveglianza delle venti triere che Atene aveva messo a bloccare Corinto.

Precisiamo che la triera poteva essere sia da carico, da trasporto truppe oppure da vera nave da guerra. In questo caso pare che Sparta, per ottimizzare il numero di guerrieri, utilizzasse gli stessi anche come rematori.

I due strateghi che si affrontarono furono Cnemo per gli Spartani e Formione per gli Ateniesi. Formione, accortosi del tentativo di forzare il blocco, mosse le sue venti navi e quindi Cnemo dovette accettare battaglia.

I Lacedemoni, in vista del nemico, radunarono le piccole unità da carico e le cinque triere che meglio navigavano, ossia le più veloci, al centro di un ampio cerchio alla cui periferia disposero le rimanenti triere, con la prora all’esterno e poppa all’interno. Si pensa che le cinque triere “più veloci” fossero probabilmente le uniche in pieno assetto da guerra, mentre il resto del convoglio fosse più o meno impegnato nel trasporto di materiale e di truppe.

Quindi nelle intenzioni dello stratega Lacedemone quelle cinque avrebbero dovuto venire rapidamente fuori per portarsi dove il nemico avesse assalito.

Le navi ateniesi, in linea di fila, iniziarono a navigare intorno al circolo della formazione avversaria riducendone via via l’ampiezza con passaggi sempre più ravvicinati. Formione aveva ordinato ai suoi di non attaccare prima di uno suo segnale. Riteneva infatti che le sue navi fossero comunque più veloci dopo aver osservato quelle nemiche, che apparivano più preparate per uno sbarco che per una battaglia. Formione prevedeva che le navi spartane, ridotte in un circolo sempre più piccolo avrebbero finito col cozzare tra di loro e in quella situazione la confusione avrebbero creato ulteriore disordine.

Formione, da esperto marinaio, aspettava che spirasse la solita brezza mattutina la quale, arricciando il mare, contribuisse a scompigliare di più la disposizione nemica. Come previsto il vento si levò e le navi spartane costrette in un piccolo spazio cominciarono a urtarsi obbligando gli equipaggi ad intervenire con pertiche per scostare gli scafi. Infine i rematori non riuscirono più a sollevare i remi. Ci fu una grande confusione, grida e imprecazioni che impedivano di raccogliere gli ordini dei comandanti. A quel punto Formione alzò il segnale di attacco.

Le veloci triere ateniesi si gettarono sulla flotta allo sbando e affondarono subito la nave dello stratega, inseguirono le navi che fuggivano verso Patre e ne catturarono dodici. Come prima esperienza di guerra sul mare i Lacedemoni subirono una pesante sconfitta, probabilmente causata dalla principale preoccupazione di salvare il convoglio atteso in Acarnania. Comunque resta il fatto che la flotta Lacedemone, nonostante l’esperienza acquisita nel tempo, sfuggì sempre il contatto con la flotta Ateniese anche se in condizioni di superiorità numerica.

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