Di Olindo Foletti
Nelle navi moderne, come del resto in quelle antiche, bisogna prima o poi costruire porte, finestre, oblò, lanterne. Uno dei problemi che ci si trova ad affrontare è quello dei vetri, più precisamente quale materiale usare per simulare il vetro, tenendo presente che anticamente le lastre di vetro non erano trasparenti come quelle dei giorni nostri. Le materie plastiche attuali ci vengono in aiuto con una considerevole varietà di tipi di materiali, più o meno trasparenti e di facile reperibilità: dunque non dovrebbe esistere nessun problema. A meno che durante la messa in posa una goccia di colla, un baffo di vernice, una lacrima di diluente, non vada ad imbrattare il finto vetro, nel qual caso anche la più delicata ed accurata pulizia lascerà irrimediabilmente una traccia. Se poi per questioni costruttive, si rendesse necessario eseguire saldature a stagno od ossiacetileniche a ridosso del “vetro” (sto pensando alla costruzione delle lanterne di navi antiche), allora bisogna pensare a qualcosa di diverso della plastica, per esempio la “MICA”. La mica è un materiale appartenente al gruppo dei silicati, possiede la spiccata caratteristica di sfaldarsi molto facilmente secondo piani paralleli (si possono ottenere lamine spesse anche solo qualche centesimo di millimetro). Le miche più diffuse sono la biotite (o mica nera) e la muscovite (o mica bianca), che possiedono grande resistenza termica e alto potere isolante. In ottica si usano per la loro peculiarità d’essere birifrangenti e questa caratteristica crea effetti visivi particolarmente apprezzati nelle navi antiche. Naturalmente, come del resto tutti i minerali, può essere più o meno pura, la migliore proviene dall’India ed è perfettamente trasparente, mentre quelle di altre provenienza spesso presentano delle macchioline color marrone con diverso grado di diffusione. La mica è usata in elettrotecnica, elettronica, termotecnica sia allo stato puro (scaglie) o sottoforma di “Micanite” (scaglie o polveri di mica tenute assieme da un legante), in questo caso può assumere le forme e gli spessori più disparati, ad esempio quelle di tubi, rondelle, nastri e si può trovare nei vecchi ferri da stiro, nei tostapane, negli asciugacapelli, nelle stufe elettriche, negli spioncini delle caldaie, nelle schede elettroniche (come isolante per i transistor). La lavorazione delle miche in modellistica è piuttosto semplice; basta infatti una forbice per tagliarla e un coltellino per sfaldarla (una volta tagliata a misura, usate una lama per sfogliarla e otterrete quindi tante parti perfettamente uguali) se durante la lavorazione si dovesse sporcare, si può pulire con qualsiasi diluente senza che sia minimamente intaccata la sua brillantezza, nei casi estremi, quando l’uso di solventi creasse un pericolo per l’area circostante, si può ricorrere alla lama di un coltellino per eliminare un sottile strato superficiale. Per concludere, nelle imbarcazioni moderne a partire dal XIX secolo in poi, usare della mica perfettamente trasparente (in casi estremi ci si può rivolgere ad un rivenditore di componenti elettronici), negli altri casi va bene anche l’altra.

