A cura di Duilio Curradi
Abbiamo lasciato, le nostre navi che procedevano spinte da motrici alternative a vapore. Le abbiamo viste “crescere” fino a raggiungere dimensioni ragguardevoli e potenze assai elevate.
Verso la fine dell’Ottocento, però, un certo Charles Algernon Parsons ebbe un’idea assai innovativa. Anziché utilizzare stantuffi che “andavano su e giù” il nostro Charles pensò di far passare il vapore attraverso delle palette ricurve, fissate ad un rotore e, da qui, ottenere un asse rotante al quale collegare un’elica. Detta così è una descrizione un po’ semplicistica. Parsons costruì una nave sperimentale, che chiamò “Turbinia”, che aveva tre turbine, e tre assi, ai quali erano collegate, in totale, nove eliche. Ma, come succede di solito, le buone idee, soprattutto se particolarmente geniali e innovative, trovano difficoltà ad essere accettate da chi preferisce rimanere tranquillo a crogiolarsi nelle certezze della tradizione. Tradotto: Parsons non riuscì a “vendere” facilmente la sua idea.
Ma Charles Algernon era un tipo geniale e, a quanto sembra, era dotato di una buona dose di faccia tosta. Vediamo cosa combinò.
Il 6 giugno del 1897 era in programma la Rivista Navale per il Giubileo di diamante della Regina Vittoria a Spithead, alla presenza del Principe di Galles, dei Lord dell’Ammiragliato e di dignitari stranieri. Tante navi imponenti e fumanti schierate a mostrare la potenza della flotta inglese. Ad un certo punto spuntò la piccola “Turbinia”, naturalmente non invitata, che sfrecciò, alla velocità di oltre 30 nodi, fra le navi in parata ed evitando, senza difficoltà alcuna, le motovedette inviate a cercare di fermarla. Questa volta, finalmente, qualcuno si accorse delle possibilità di questo nuovo sistema di propulsione e l’Ammiragliato ne sostenne lo sviluppo.
Principio di funzionamento di una turbina a vapore
Il vapore, prodotto in caldaia, viene immesso nella macchina attraverso un ugello che trasforma l’energia termica del vapore in energia cinetica. Questo vapore incontra una fila di “palette mobili” fissate ad un rotore, è costretto a curvare verso una fila di “palette fisse” solidali con lo statore, ovvero con l’involucro della macchina. Curva di nuovo e va ad investire una seconda fila di palette mobili. E via così fino ad aver lavorato su tutte le file mobili e fisse con il risultato di aver fatto ruotare velocemente l’asse della macchina. L’immagine a fianco mostra, schematicamente, il funzionamento.

Dopo la “bravata” di Parsons le turbine subirono un grande sviluppo fino a diventare macchine complesse ed efficienti. Consentirono di raggiungere potenze molto elevate e furono adottate su navi militari e mercantili soprattutto di grande tonnellaggio. Facciamo qui qualche considerazione di carattere generale che possa aiu- tare a seguire lo sviluppo di queste macchine. Come abbiamo visto nelle motrici alternative il vapore, mano a mano che procede nel suo percorso, aumenta di volume e si riduce di pressione. Di conseguenza nelle turbine le sezioni di passaggio, ovvero le dimensioni delle palette mobili e fisse, devono via via aumentare. Poi, per evitare di costruire una turbina troppo grande, sono stati realizzati gruppi di due o tre turbine. Un gruppo di tre turbine è formato da una turbina di Alta Pressione, da una di Media Pressione e da una di Bassa Pressione. Ovviamente di diametro crescente un po’ come abbiamo visto nelle motrici alternative. Il vapore entra nella prima (AP), passa nella seconda (MP) e infine nella terza (BP). Da qui scarica nel con- densatore. Le turbine, però, ruotano molto velocemente mentre l’elica deve rimanere ad un regime di giri decisamente più basso. Il problema è stato risolto dotando ogni turbina di un pignone che va ad ingranare su una ruota lenta, collegata all’asse dell’elica. I denti sono a “lisca di pesce” per distribuire adeguatamente il carico sui denti.
Turbina di Alta Pressione

Turbina di Media pressione

Turbina di Bassa Pressione

I tre disegni qui sopra mostrano i componenti di un gruppo turboriduttore composto da una turbina di Alta Pressione, da una di Media Pressione e da una di Bassa pressione. Questo gruppo aveva una potenza di 33.000 Cv. Attenzione, però. Se avete guardato con attenzione questi disegni probabilmente avrete già capito come fa una nave, dotata di questo sistema di propulsione, a procedere a marcia indietro, ovvero invertire il senso di rotazione delle eliche. Ebbene. Una turbina può girare solo in un senso. Non si possono certo “girare le palette”. Ecco allora che sono state montate, sui rotori, delle altre file di palette al contrario, ovvero delle “turbine di marcia indietro”.
Sono più piccole e, pertanto, forniscono minore potenza a marcia indietro. Di questo bisogna tenere conto in fase di manovra.
Negli ultimi decenni del 1900 le turbine furono sempre meno impiegate perché il peso complessivo dell’impianto, composto anche dalle caldaie, era piuttosto elevato così come elevati erano i consumi. Le navi comiciarono ad essere spinte, soprattutto, da motori Diesel o da sistemi Diesel/elettrici.
