a cura di Massimo De Zan
L’8 settembre1943. I vertici della Reggia Marina erano: l’ammiraglio di squadra Raffaele de Courten (ministro e capo di stato maggiore); l’ammiraglio disquadra Carlo Bergamini (comandante in capo le Forze Navali da Battaglia: Fnb; l’ammiraglio di squadra Luigi Sansonetti (sotto capo di stato maggiore).

8 settembre 1943:
La Spezia, ore: 18.30: La Roma intercettò il messaggio del generale Eisenhower, venne consegnato all’Ammiraglio Bergamini che apprese la notizia dell’armistizio. Riunì il suo stato maggiore e venne deciso di effettuare l’auto affondamento delle navi costituenti le Fnb.
Ore: 19.45: L’ammiraglio ascoltò il Proclama del maresciallo Badoglio; decise di recarsi sul Vittorio Veneto per telefonare a de Courten.
Ore: 20.30: Ebbe luogo la telefonata con de Courten, dove l’ammiraglio Bergamini esternò vivacemente la sua indignazione per non essere stato informato dell’avvenuto armistizio. Considerava, questo atteggiamento una grave sfiducia nei suoi riguardi. Comunicò che le sue decisioni, quelle del suo stato maggiore e, riteneva. Anche quelle dei suoi ammiragli e comandanti erano di auto affondare le navi.
De Courten comprese le reazioni di Bergamini; lo mise al corrente delle clausole armistiziali, tra cui quella che prevedeva il trasferimento della Flotta in zone controllate dagli angloamericani oltre Bona ( Capo Bon, Algeria) con misure di sicurezza, ma con il rispetto dell’onore militare; gli disse di prepararsi a partire per La Maddalena dove gli avrebbe fatto trovare il testo completo dell’Armistizio, nonché le istruzioni per gli ulteriori movimenti. Supermarina, subito dopo la telefonata, comunicò al comandante in capo delle Fnb che: la rotta da seguire, per andare a La Maddalena, doveva passare a nord della Corsica; che l’armamento principale e i lanciasiluri dovevano essere per chiglia, tranne le armi antiaeree, ma il fuoco poteva essere aperto solo nel caso in cui l’azione dell’aviazione attaccante diventasse offensiva.
Ore: 21.30: L’ammiraglio Sansonetti chiamò l’ammiraglio Bergamini per comunicargli, che dovevano partire, non solo le navi pronte, ma anche quelle approntabili rapidamente. L’ammiraglio Bergamini chiamò l’ammiraglio Maranghini, per comunicargli le istruzioni ricevute, affinché desse disposizione all’Arsenale militare di approntare l’incrociatore leggero Attilio Regolo e il cacciatorpediniere Artigliere che, pur essendo ai lavori, potevano salpare.
Ore: 22.00: Ebbe luogo la riunione dei suoi ammiragli e comandanti e l’ammiraglio Bergamini riuscì a convincerli della necessità di rispettare le clausole armistiziali. Subito dopo chiamò l’ammiraglio Bianchieri, gli comunicò il colloqui con de Courten, le decisioni prese nella riunione delle 22.00 L’ammiraglio Bianchieri fu d’accordo di obbedire.
Ore: 23.00: Richiamò l’ammiraglio de Courten e gli disse: stai tranquillo fra poche ore tutta la Squadra partirà con me per compiere interamente il suo dovere, tutte le navi in grado di muovere anche con una solo elica partiranno con me. (de Courten “Le Memorie”).
Ore: 23.40: Supermarina trasmise al comandante in capo delle Fnb l’ordine d’operazione per andare a La Maddalena. Il comando in capo predispose e inviò, ai comandi dipendenti i relativi ordini.
9 settembre 1943
Ore: 03.15: Salparono. Della squadra navale ancorata a La Spezia, comandata dall’ammiraglio Bergamini fanno parte: le corazzate Roma, Italia (ex Littorio), Vittorio Veneto; gli incrociatori: Eugenio di Savoia, Montecuccoli, Attilio Regolo, i cacciatorpediniere: Legionario, Grecale, Mitragliere, Fuciliere, Carabiniere, Velite, Artigliere, Oriani e le unità di avanscoperta: Pegaso, Orsa, Orione, Impetuoso. Dalla squadra navale ancorata a Genova, al comando dell’ammiraglio Luigi Bianchieri, fanno parte gli incrociatori: Garibaldi, Duca D’Aosta, Duca degli Abruzzi e la torpediniera Libra. La flotta ordinata, silenziosa e ubbidiente, lascia il Golfo di La Spezia diretta a La Maddalena, passando a Nord di Capo Corso. L’ammiraglio Bergamini, consapevole che le sue navi, sarebbero state attaccate da aerei tedeschi comunicò alle 04.00: “A tutte le unità dipendenti: fare attenzione agli aerosiluranti all’alba”.
Ore: 06.00: avvenne il congiungimento con l’ottava divisione navale, partita da Genova.
Ore: 07.00: Il comandante in capo comunicò: “A tutte le unità dipendenti: massima attenzione agli attacchi aerei”.
Ore: 09.00: Mentre la formazione fa rotta per 218°, accosta per rotta Sud passando a ponente della Corsica, ricognitori tedeschi e alleati iniziano a controllare l navigazione delle Fnb.
Ore: 09.55: Il Comandante in capo delle Fnb, in mancanza di comunicazioni, della scorta aerea, da parte di Supermarina, ordinò alle tre corazzate Roma,Italia, V.Veneto, di prepararsi a catapultare gli RE200.
Ore: 11.00: Alcune unità aprirono il fuoco contro un ricognitore inglese. Intervenne immediatamente il comandante in capo, che inviò a tutte le unità il seguente messaggio: “Non, dico, non aprite il fuoco contro velivoli riconosciuti inglesi o americani”.
Ore: 12.45: Le Fnb giunsero all’altezza di Punta dello Scorno (Isola dell’Asinara), accostarono a sinistra per entrare nel Golfo dell’Asinara e seguire le rotte di sicurezza, relative ai nostri campi minati, per arrivare a La Maddalena.
Ore: 14.38: mentre le Fnb erano in vista delle Bocche di Bonifacio, fu consegnato all’ammiraglio Bergamini il seguente messaggio di Supermarina: “La Maddalena, occupata dai tedeschi, invertire la rotta, dirigere su Bona”. L’ammiraglio Bergamini alle 14.40 ordinò: “A tutte le unità dipendenti, accostare a un tempo di 180° a sinistra”.
Ore: 14.45: Il comandante in capo ordinò di assumere rotta 285° che era quella necessaria per tornare a Punta dello Scorno e di li accostare a sinistra e dirigere su Capo Bon.
Ore: 14.47: Un ricognitore tedesco, osservò la manovra e la nuova rotta delle Fnb e la comunicò al suo comando. Alla proclamazione dell’armistizio, il comando supremo della Luftflotte in Italia ordinò: “Le navi da guerra Italiane che fuggono o provino a passare dalla parte del nemico, devono essere costrette a rientrare in porto o affondate”. IL comando della Fliegerdivision più vicino alla zona in cui si trovavano le Fnb era situato a Istres (Francia), pertanto fu dato ordine a tale comando di attaccare le Fnb. Decollò da Istres un primo stormo, costituito da 11 bombardieri “Dornier DO217/42” muniti ciascuno di due bombe radiocomandate “PC 1400X” di nuova concessione. La bomba era stata progettata, nel 1939, dal dott. Kramer e il suo primo nome era stato “Fritzx”. L’FX 1400, che veniva anche indicata come “SD 1400”, pesava 1400 Kg, con alta capacità di penetrazione, alla quale erano state aggiunte quattro alette, un motore a razzo e piani di coda. In prossimità di questi ultimi era sistemato il radiocomando. La guida era assicurata dall’aereo che l’aveva sganciata, la bomba era lunga 3.30 metri, con un carico di esplosivo di 300Kg.

Bomba razzo FX 1400
L’alta velocità della bomba, dovuta al suo peso di 1400Kg, e la possibilità di correggerne la traiettoria, consentiva di sganciare la bomba da una altezza di 5-7000 metri quasi sulla verticale del bersaglio, sito 80°. Ci si trovava di fronte a un nuovo e sconosciuto tipo di attacco aereo in quanto fino al 9 settembre 1943,le bombe d’aereo venivano sganciate da un’altezza di 3-3500 metri e su un sito di 60° (angolo compreso tra il piano orizzontale della nave e la congiungente nave-aereo). L’incarico di attaccare la corazzata Roma fu affidato all’equipaggio formato dal pilota sergente Kurt Steinbor, dal puntatore sergente Eugen Degan, da un marconista e un addetto alla mitragliera.
Ore: 15.15: Il comandante in capo della Fnb avvistò una formazione di bombardieri in avvicinamento e identificò che erano tedeschi. L’ammiraglio Bergamini decise di non catapultare gli RE200 perché avrebbe significato mandarli, inutilmente, incontro a una morte sicura.
Ore: 15.16: Un minuto dopo l’avvistamento, fece alzare il segnale a bandiere “P3” che significava: “Posto di combattimento, pronti ad aprire il fuoco”, dette inoltre l’ordine di zigzagare e diradarsi.
Ore:15.37: I primi cinque aerei volavano a una quota di 6.500 metri e avevano superato il sito di 60°, dal quale avrebbero dovuto sganciare le bombe. Vennero perciò considerati in allontanamento. Questa forma inusitata d’attacco, all’inizio trasse in inganno i comandanti delle navi italiane. A causa di questo elemento di sorpresa, il fuoco antiaereo fu tardivo, anche perché il comando in capo delle forze navali non voleva essere il primo a compiere atti ostili contro l’ex alleato. Il direttore di tiro contraerei di dritta, tenente di vascello Medanich, aveva gli aerei in punteria già da quando essi erano a 14.000 m sul sito. Dato che i cannoni da 90 mm potevano sparare a un ritmo di 18-20 colpi al minuto e avevano una gittata massima intorno ai 13.000 m, ci sarebbe stato tutto il tempo per aggiustare bene il tiro. Inoltre, se si fosse deciso l’impiego di tiro di sbarramento antiaereo con i 152 mm, che era previsto dalle norme, benché gli aerei volassero a 5.000 m di quota, la gittata di 14.000 m sarebbe stata sufficiente per fare fuoco anche con queste armi che avevano un’elevazione massima di 45°. Ma proprio in quel momento venne sganciata la prima bomba diretta contro la corazzata Italia. Piombò nelle vicinanze della nave immobilizzandone temporaneamente il timone; la nave venne governata con i timoni ausiliari, il punto dell’attacco fu pressappoco a 14 miglia a Sud Ovest di Capo Testa. Sulla Roma fu subito ordinato: “Aprite il fuoco” e i nostri cannoni antiaerei, prima di dritta poi di sinistra aprirono un fuoco celerissimo. Si ritenne che un aereo tedesco fosse stato abbattuto.
Ore: 15.42: L’aereo pilotato dal sergente Steinbor raggiunse la Roma sul lato di dritta, il sergente Degan sganciò la prima bomba che colpì la nave a centro poppa di dritta, tra i complessi antiaerei n°9 e n°11. la bomba attraversò lo scafo e scoppiò in mare poco al disotto della chiglia. Si aprì una falla che provocò l’allagamento del locale caldaie motrici di poppa, le eliche dell’estrema poppa si bloccarono, riducendo la velocità da 22 a 16 nodi. L’ammiraglio Bergamini ordinò di alzare il segnale a bandiere: “V 16” ( a tutti: ridurre la velocità a 16 nodi).
Ore: 15.52: Mentre la Roma zigzagando, faceva un’accostata di 60° a sinistra, l’aereo pilotato dal sergente Steinborn sorvolò di nuovo la corazzata e sganciò la seconda bomba che colpì la nave sul lato sinistro nelle vicinanze del torrione corazzato, dove si trovavano anche le plance ammiraglio e comandante.

La corazzata Roma colpita dalla seconda bomba razzo
La bomba si infilò tra il torrione corazzato, la torre n°2 dei cannoni da 381/52 e l’impianto dei cannoni da 152/55 di prora a sinistra perforando il ponte corazzato, il locale turbodinamo e scoppiò nel locale motrice di prora, provocando una falla, l’acqua allagò il locale motrici che si bloccarono. Si bloccarono i comandi del timone e quindi la nave proseguì per abbrivio nella sua accostata di 60° gradi a sinistra. Poi le fiamme raggiunsero la santabarbara, provocando la deflagrazione del deposito munizioni dei 152/55 e, per simpatia, la deflagrazione del deposito della torre n° 2 che venne lanciata in aria. Furono forse 2000 tonnellate di acciaio strappate con violenza dalla nave. Dalle viscere della nave si elevò una grande colonna di fiamme e fumo alta 400 metri, che avvolse il torrione corazzato, provocando la morte di tutto il personale che vi si trovava. La corazzata sembrò sollevarsi, ricadere in mare, inclinandosi sul lato di dritta. Le riservette antiaeree ( armadi in ferro dove vengono conservate le munizioni delle armi antiaeree),che si trovavano nelle vicinanze del torrione, si incendiarono provocando l’esplosione dei proiettili in esse contenuti, che vennero lanciati a 360°, ferendo e uccidendo molti marinai.
Ore: 16.00: Il tenente di vascello Agostino Incisa della Rocchetta, quale ufficiale del Corpo dello stato maggiore più elevato nel grado, si portò a poppa radunando il personale , i feriti aiutati da ufficiali, sottufficiali e marinai.
Ore:16.07: Incisa resosi conto che non vi era nessuna possibilità di salvezza per la nave, ordinò di abbandonare la nave, i superstiti si gettarono in mare al grido di “Viva l’Italia”, “Viva la Roma”.
Ore: 16.11: la Roma si capovolse spezzandosi in due tronconi che affondarono verticalmente, trascinando con sé in fondo al mare due Ammiragli, 86 Ufficiali e 1264 Uomini d’equipaggio.

La corazzata Roma affonda, dopo essersi spezzata in due tronconi
Sull’abbandono della Roma così scrive nel suo rapporto l’ammiraglio Biancheri:
“Accosto in modo da passare vicino alla gran nave ferita e che il fumo nasconde in parte. Chiamo la squadriglia Mitragliere e ordino di portarsi a prestare soccorso. Sulla Roma deve essere stato dato l’ordine di abbandonare la nave, perché vedo la gente dirigersi verso poppa senza correre, in perfetto ordine. Gli incrociatori : Duca degli Abruzzi e Garibaldi defilano ai due lati dell’ammiraglia morente, rendendole saluto con estrema commozione”. Andarono a recuperare i naufraghi i cacciatorpediniere Mitragliere, Fuciliere e Carabiniere, l’incrociatore leggero Attilio Regolo e le torpediniere Pegaso, Impetuoso e Orsa. Nel numero dei caduti sono compresi anche i nove uomini che morirono a bordo delle unità soccorritrici e sedici deceduti nell’ospedale di Porto Mahon. Questi uomini riposano nel bellissimo mausoleo-ossario, fatto erigere dalla nostra Marina Militare, nel cimitero di Porto Mahon. Il totale dei dispersi o deceduti è di 1.393 persone.
Lo stato Maggiore della Marina a concesso le seguenti decorazioni al Valor Militare, al personale di comando in capo delle Forze Navali da Battaglia e a quello della corazzata Roma:
- 1 Medaglia d’oro
- 15 Medaglie d’argento
- 35 Medaglie di bronzo
Gli Alleati, considerando che la nostra Marina era meritevole della massima stima per l’eroico comportamento tenuto durante la guerra (1940-1943) e per la lealtà con cui se erano tenuti alle clausole armistiziali, richiesero, già dal 12 settembre 1943 e fino al termine del conflitto, la cooperazione delle nostre navi. Collaborazione che risultò valida ed efficace.

La corazzata Roma con la colorazione mimetica definitiva

Corazzata Roma

Trieste 1942. La zona prodiera della Roma

La Spezia primavera del 1943. L’idrovolante IMAM Ro 43 decolla dalla catapulta a vapore della Roma

Foto scattata dal bombardiere tedesco Dornier 217 KII alle 15.53, mentre la seconda bomba tele guidata raggiunge la Roma

Esplosione dei depositi munizioni prodieri

.La corazzata Roma in fase di capovolgimento, si spezzerà in due tronconi
Notizie, foto, informazioni e dati sono stati prelevati dalle seguenti fonti:
http://www.carloforte.it/storia/mammamahon/ilfatto.htm
Pagine di Difesa, storia scritta da Pier Paolo Bergamini., figlio dell’Ammiraglio di squadra Carlo Bergamini.
Dal libro : “La Corazzata” di Achille Rastelli, editore Mursia.
Dal libro:”UNA TRAGEDIA ITALIANA 1943 L’affondamento della corazzata Roma”, di Andrea Amici, Longanesi editore.