a cura di Olindo Foletti
In questa sezione del sito viene descritto il viaggio via terra verso il lago di Garda di alcune “Scialuppe cannoniere” però non è stata la prima volta che delle grosse imbarcazioni raggiungevano il grande lago seguendo un percorso terrestre. Ebbene questa volta cercherò di raccontarvi seppur in modo succinto il travagliato viaggio di un’intera flotta, composta da 25 barche grosse , 2 galee e 6 fregate, che da Venezia raggiunsero Torbole sull’alto Garda. La Repubblica di Venezia con la presa di Bisanzio divenne la prima potenza del Mediterraneo e dall’inizio del XV secolo iniziò ad espandersi nella terraferma veneto-lombarda attraverso conquiste militari (p. es. Padova e Verona) o per dedizioni spontanee, come Brescia il 20 novembre 1426 per sottrarsi al Ducato di Milano.

Dopo vari scontri, nel 1438 la situazione era la seguente: le terre lombarde ed il basso Garda erano in mano ai Visconti, esclusa Brescia che comunque era sotto il loro assedio, la sponda veneta e l’alto Garda (Torbole e Riva) sotto l’influenza della repubblica di Venezia. Per rompere l’assedio di Brescia era indispensabile rifornirla di viveri ed armi, perciò era necessario scacciare le truppe viscontee dalla zona meridionale del Garda. L’attacco via terra si presentava molto difficile e dispendioso visto che l’esercito milanese era asserragliato nei castelli di Peschiera del Garda e di Desenzano.

La Serenissima decise quindi di predisporre un piano militare che permettesse alle proprie truppe di sorprendere l’esercito visconteo passando a nord del lago. Il 1º dicembre 1438, dopo una lunghissima seduta, il Minor Consiglio approvò la proposta formulata da Biaso de Arboribus, ingegnere al servizio della Serenissima, e da un marinaio greco, Nicolò Sorbolo. I due progettarono di trascinare lungo la valle dell’Adige una flotta di navi, di tirarle a secco prima di Rovereto e poi trascinarle su rulli di legno lungo il percorso della valle di Loppio per poi calarle nel lago di Garda in prossimità di Torbole. Da lì la flotta veneziana avrebbe attaccato di sorpresa quella milanese, ancorata a Desenzano, tagliando la strada alle milizie viscontee di presidio a Peschiera del Garda e forzando il blocco in modo da aver successivamente via libera alla volta di Brescia e poi anche di Milano. La flotta, costituita da 25 barche grosse, 2 galee e 6 fregate, salpò nel gennaio 1439 da Venezia ed imboccò le foci dell’Adige nei pressi di Sottomarina di Chioggia, risalì il fiume passando per Legnago e per Verona per giungere infine a Mori. Detto cosi sembra quasi una scampagnata, mentre invece questa prima parte del viaggio si rilevò molto faticosa a causa della corrente del fiume. I soli rematori (galeotti) non ce la facevano a far avanzare la flotta, per cui vennero impiegati, dove le sponde lo permettevano, un gran numero di animali da soma con relativi conducenti. Altrimenti, alle corde di traino si attaccavano degli uomini, una parte dei quali erano schiavi, gli altri erano persone reclutate sul posto e regolarmente retribuite. A complicare le cose provvide anche il fiume, che era in un periodo di magra, per cui nei pressi di Verona alle imbarcazioni più grandi venne applicata una sorta di “galleggianti” di legno per ridurre il pescaggio e poter proseguire verso la meta. Un’altra complicazione, forse la più pericolosa fu nell’ultimo tratto con l’attraversamento della gola di Ceraino, dove il fiume s’incunea tra le montagne formando due strette anse e le correnti sono molto forti ed imprevedibili. Giunti finalmente a Mori la prima parte del viaggio era terminata, ma ora cominciava la seconda, quella che arrampicandosi su per le montagne avrebbe portato la flotta prima al lago di Loppio quindi al passo di San Giovanni ed infine alla discesa verso Torbole. In previsione delle difficoltà che si sarebbero incontrate, vennero assoldati centinaia di operai: sterratori, falegnami e carpentieri. Questi, guidati dal marinaio Niccolò Carcavilla, tirarono in secco tutte le imbarcazioni e le collocarono su delle macchine a tal fine inventate, quindi cominciarono a costruire la nuova strada, fatta di tavole di legno, livellando il terreno e togliendo dal tracciato piante, macigni ed anche due case. Poi, con l’aiuto di 2000 buoi requisiti nelle vicinanze, di centinaia di schiavi rematori delle navi e centinaia di uomini del luogo, le imbarcazioni vennero fatte scorrere su rulli sopra la strada di tavole di legno passando per il paese di Mori e finendo al lago di Loppio. Nonostante il suo basso livello fu possibile tuttavia di rimettere le imbarcazioni in acqua per 6 km. Poi la flotta venne nuovamente tirata in secco e trascinata su per un ripido pendio fino al passo di San Giovanni. Durante la ripida discesa dal passo verso Torbole, le navi erano trattenute con grosse funi assicurate ad argani e fatte scivolare lentamente verso la riva del lago. Anche qui sembra tutto facile, invece il peso delle navi era tale che diversi ulivi secolari, a cui erano stati fissati gli argani, furono letteralmente strappati dal terreno. Per frenare la discesa si ricorse all’accorgimento di attendere il forte vento che soffia da sud nel pomeriggio e di spiegare le vele per compensare l’effetto del peso dei navigli (tra gli appassionati di surf la cosa è risaputa, infatti, nei pomeriggi di bel tempo la zona è letteralmente invasa da queste vele multicolori). A questo punto il viaggio era concluso. La complessa operazione, durata 15 giorni, costò alla Repubblica di Venezia la favolosa cifra di 15.000 ducati, ma fu una delle più importanti opere di ingegneria militare mai realizzate sino ad allora e, come tale, divenne famosa in tutta Europa. Il trasporto della flotta non riuscì tuttavia a restare nascosto ai milanesi e venne meno così il fattore sorpresa sul quale contava Piero Zen, capitano della flotta veneziana. Lo scontro avvenne al largo di Desenzano, ma la vittoria fu dei milanesi che erano più forti di numero e che catturarono una parte della flotta. Solo due galee veneziane riuscirono a riparare nel porto di Torbole. Brescia non fu liberata dall’assedio, ma grazie al controllo navale della parte settentrionale del lago di Garda, i veneziani riuscirono a portarvi aiuti e derrate, permettendo alla città di resistere un altro anno all’assedio. Nel corso del 1439 venne allestita a Torbole una seconda e più potente flotta veneziana con il materiale trasportato da Venezia attraverso il già collaudato itinerario Adige-Loppio-Torbole. Nello scontro del 10 aprile 1440 la nuova flotta, comandata da Stefano Contarini si scontrò con quella milanese al largo del Ponale e questa volta vinse la battaglia, acquisendo la completa signoria del lago.
Per chi fosse interessato, rammento che anche “l’eroe dei due mondi” Giuseppe Garibaldi, quando battagliava in America Latina, fece qualcosa di simile, seppure in scala ridotta.

Gola di Ceraino
