La sera del 26 novembre 1922, in Egitto, nella VALLE DEI RE, avvenne la più grande scoperta nella storia dell’archeologia: venne trovata la tomba del faraone TUTANKHAMON. Fu una notizia che sconvolse ed impressionò tutto il mondo. Tutankhamon visse più di tremila anni fa e morì a 18 – 19 anni, in circostanze misteriose, intorno al 1350 a. C. Grazie alla scoperta sensazionale della sua tomba, egli divenne uno dei personaggi più noti degli Anni Venti. Gli scavi, condotti per più di dieci anni, portarono alla luce circa cinquemila pezzi di grande valore storico ed artistico.

NEBKHEPRURA. XVIII Dinastia 1333-1323 a.C.
Ancora oggi gli egittologi dibattono le varianti onomastiche del Faraone Dimenticato. Basti pensare che nei primi anni del suo regno, fu seguace di Aton per poi tornare all’antica religione: questo spiega il passaggio dal nome di Tutankhaton a Tutankhamen. La versione Tut-ankh-amon, pare essere la più corretta allo stato attuale degli studi. I tre etimi che compongono il nome significano rispettivamente:
TUT – Segno regale, cioè radicale della schiatta regale egizia
ANKH – Segno della vita
AMON – Segno della divinità, cioè unità divina
“Perfetta la vita di Amon”, faraone bambino della XVIII dinastia è destinato da una serie di circostanze a imperitura celebrità, fu genero e forse anche figlio adottivo di Akhenaton. Salito al trono ad appena 9 anni, regnò per un decennio, durante il quale la rivoluzione religiosa posta in atto dal suo predecessore venne totalmente annullata: Amon tornò ad essere considerato la divinità principale, gli antichi dei furono riabilitati, anche se non si pose in atto alcuna persecuzione nei confronti di Aton.

Tell el-Amarna venne abbandonata in favore di Menfi e il clero poté tornare ad esercitare la propria indiscussa autorità. Tuttavia, i veri sostenitori del giovanissimo faraone non furono tanto i sacerdoti quanto piuttosto i militari, che ritenevano indispensabile una convinta opera di pacificazione per risollevare la situazione internazionale del paese. Non è dunque un caso che al giovanissimo Tutankhamon, morto ad appena 19 anni per cause rimaste ignote, siano succeduti prima Kheperkheprure Ay, un comune cittadino distintosi per singolari capacità militari, che l’incondizionato appoggio dei sacerdoti di Amon. Forse, proprio la mania di grandezza di Ay assicurò a Tutankhamon l’eternità della fama. Il successore del giovane faraone, infatti, volle impossessarsi del maestoso monumento funebre che già era stato apprestato per lui nella Valle dei Re, cedendogli in cambio la propria ben più modesta tomba. Proprio per le sue ridotte dimensioni, quest’ultima, dopo un primo tentativo di saccheggio, finì per essere interrata, persa di vista e dimenticata da tutti per secoli. Così, quando nel 1922 gli inglesi Carnavon e Carter la riportarono alla luce, lo splendido apparato funebre che essa conteneva risultò straordinariamente intatto. L’autentico tesoro che essa ci ha restituito (e che oggi è conservato al Museo del Cairo), unito alla leggenda della maledizione che si sarebbe abbattuta sui profanatori di questa tomba, ha consegnato definitivamente il faraone bambino agli onori della gloria.

La “Maledizione di Tutankhamon”. Chi non la conosce. Fonte di ispirazione di molti libri e film di successo, questa leggenda e’ tornata nei giorni scorsi alla ribalta. A spaventarsi questa volta e’ stata una tac utilizzata per esaminare la mummia del celebre faraone vissuto più di 3000 anni fa (1347-1339 Avanti Cristo). Ebbene il macchinario e’ rimasto bloccato per più di due ore, prima di funzionare regolarmente. Oltre alla malaria che colpì il finanziatore della scoperta nel 1922, il britannico lord Carnarvon, provocandone poi la morte, e ad una serie infinita di aneddoti, disgrazie di chi ha avuto a che fare con la storia del faraone diciottenne morto in circostanze misteriose, questo elemento viene raccontato oggi dal settimanale egiziano in lingua inglese ‘Ahram weekly’. Zahi Hawass, lo studioso che ama essere considerato “il papà”delle vestigia dell’ antico Egitto, è riuscito a sottoporre il reperto, trovato in condizioni quanto mai preoccupanti, al moderno esame della Tomografia Assiale Computerizzata (TAC). Per togliere ogni dubbio sulle reali cause della morte, a tutt’oggi misteriosa e spesso attribuita a complotti di palazzo della 18ma dinastia, Hawass ha fatto arrivare nella valle dei re uno scanner mobile, a bordo di un ingombrante tir chiuso, con il quale c’è stato “quasi un incidente stradale – ha detto lo stesso studioso – arrivando sulla sponda destra di Luxor”. Tuttavia, dopo l’inattesa e imprevista interruzione la tac ha ripreso a funzionare, e ha fissato 1700 immagini in 15 minuti. Risultato: nessuna prova in grado di provare la natura della morte del giovane faraone. Dopo la tac e’ stato anche possibile produrre una ricostruzione digitale del viso del giovane faraone. Non particolarmente bello, ma attraente, il naso caratteristicamente aguzzo, lo sguardo fiero e fisso contro le avversità del tempo. Insomma certo un monarca che poteva suscitare preoccupazioni nei suoi collaboratori perché insediatosi a nove anni, se fosse vissuto, avrebbe custodito il potere forse più a lungo di ogni altro suo predecessore o successore.

Dimentichiamo il tempo
Facciamo un balzo nel passato di trentatre secoli … ecco: stanno seppellendo Tutankamon. Tebe brulica di folla. Flottiglie di imbarcazioni sul Nilo si urtano all’approdo. A centinaia di migliaia da nord e da sud hanno navigato fin qui, per assistere all’avvenimento che per il popolo non è affatto triste: il faraone va nel bell’occidente in lutto è soltanto la famiglia del faraone. Nelle bare, una dentro l’altra, giace il giovane sovrano, deceduto all’improvviso; viene portato dai cortigiani alla barca in attesa sul fiume. Sotto un baldacchino, le cui gualdrappe sono mosse dal vento mattutino, scintilla la panciuta bara d’oro puro come il simbolo di un altro mondo. I sacerdoti dei morti mormorano a cantilena le loro preghiere: “Salute a te, Osiride, signore dell’eternità, re degli dei, che molti nomi ha, e splendide forme, e segrete essenze nei templi”. A centinaia di migliaia, a bocca aperta guardano, s’impregnano avidamente di profumo e di odori che provengono dal tempo di Amon-Mut-Ahons, all’approdo, dove per sacrificio bruciano incenso. Suppellettili, tesori e cibi seguono il feretro e vengono caricati su cinque imbarcazioni. la folla vede sfilare le statuette e si entusiasma; domestici in miniatura; una per ogni più piccolo lavoro (ma anche per i più svariati divertimenti: dalle sonatrici di sitro alle danzatrici-spogliarelliste, alle ragazze d’amore completamente nude) hanno tutto, tranne le gambe: non potranno mai scappare. ” O timoniere, fa rotta verso il bell’occidente, verso la terra dei giusti!”, grida un sacerdote sulla prua della prima nave. Poi, una dopo l’altra, le imbarcazioni si scostano dalla riva: quella con a bordo i sacerdoti, quella con il faraone morto (incensata dal sacerdote di Sem rasato a zero), la vedova con parenti e amici, la corte, i funzionari, le navi con i tesori, quelle con le suppellettili e i cibi. L’immensa folla guarda dalla sponda. Molto meno sono coloro che attendono l’arrivo del corteo funebre fluviale. Si tratta di un pubblico raffinato, suddiviso in piccoli gruppi. Sono gli “abitatori dell’occidente” i costruttori di tombe, gli operatori artistici, i sacerdoti del tempio funerario, le sentinelle sepolcrali, i funzionari. Tutti lavorano qui: per loro la sponda orientale del fiume è lontana. Se è vero che il popolo conosce gli avvenimenti che si svolgono sulla riva occidentale soltanto per sentito dire, è altrettanto vero che i lavoratori della necropoli non hanno mai visto Tebe dalle cento porte, né Karnak, la sua città templare, né gli aurei pilastri e gli obelischi.

In slitta verso la valle dei Re
E’ una slitta di legno rozzamente lavorato e misera (questa l’impressione) quella su cui caricano le regali spoglie. Al traino quattro buoi. Un cenno del sacerdote di Sem, e il basso veicolo con la bara d’oro si mette in marcia, striscia sulla sabbia. dietro, a piedi, AnkhesenAmon: porta un’ampia veste bianca, con lunghe e morbide pieghe; recita monotone frasi imparate a memoria: “Disgrazia!Disgrazia! Sono la sorella tua che hai molto amato. Ma perché così lontano da me, tu che con me sapevi scherzare così bene e tanto amarmi. E tuttavia bello è questo giorno, perché colui che è felice rinascerà nel corpo di Osiride …”. La stessa strada polverosa, ventisei anni prima, l’aveva percorsa il cadavere di Amenofi II, il grande conquistatore. La terra alluvionale viene rapidamente lasciata alle spalle. I prati verdi e i campi e le casupole sono sostituiti dalle rocce carsiche. Il cammino è accidentato da scoscesi e terribili colossi di pietra. Ora la slitta cigola su mucchi di ciottoli, avanza a serpente, aggirando le dorsali rupestri. “O misero, misero” mormora AnkhesenAmon, “ora tu taci e nulla più dici. Tu che avevi tanti servi, forse sei là dove non c’è nessuno, tranne gli immensi con gli occhi ardenti. Ma bello è questo giorno, perché ti proteggeranno l’uomo, lo sciacallo, la scimmia e il falco, che sono le quattro facce di Oro…”.

Voltiamoci indietro: il corteo funebre si articola in tre tronconi; la bara è cioè accompagnata da una seconda e una terza processione che si snodano come giganteschi millepiedi. Sono il corteo di Tekenu e quello dei canopi. Il Tekenu, una figura rituale, è rappresentata da un sacerdote su una slitta, come una mummia, coperto dalla pelle di un animale. Quattro uomini trainano il veicolo. Il Tekenu raffigura il dio Sole simboleggiato dalla bestia.”Verso occidente, verso occidente”, gridano gli uomini da soma, ” la terra dove è piacevole vivere, il luogo cui sei destinato”: La processione con i canopi delle interiora di Tut non è diversa da quella che la precede: una slitta anche qui, con altrettanti servi al traino e i vasi funerari sopra. Dietro il terzo troncone di corteo due uomini con in mano una lunga pianta di papiro ciascuno. All’ingresso della tomba preparata in fretta e furia, quasi dirimpetto, Teje dorme da pochi anni l’estremo sonno. Su un altare provvisorio scoppietta ul fuoco sacrificale. I partecipanti al funerale si sono andati piazzando intorno al fuoco. I servi cuociono le vettovaglie; anche i preziosi vasi vengono collocati tra le fiamme. Un giovane manzo coronato di fiori attende di essere ucciso. Ecco il sacerdote che ha l’incarico di compiere il sacrificio affrettarsi con l’ascia in pugno e staccare alla bestia con un colpo la gamba anteriore destra: il misterioso rituale vuole così, e il manzo stramazza. Subito gli sono sopra e lo fanno a pezzi con coltelli ed asce. Buttano i transi sul fuoco, e si diffonde il tipico odore del perlo e delle carni abbrustolite. Ora gli uomini che portano i doni sepolcrali si staccano dal corteo funebre e lo precedono. I sordi colpi dei bastoni sui tamburi di legno accompagnano l’oscillare degli incensieri in mano ai sacerdoti che spruzzano anche il latte, mentre in fila tutti entrano nel sepolcro. Dapprima si fa strada una processione di statue, seguita da portatori di casse e cassette; si vedono suppellettili di piccole dimensioni, stoviglie, vasi con unguenti e oli.

La vedova urla e poi si danza
Quando i “nove amici” si fanno avanti per prendere la bara con la mummia di Tut, Ankhesenamon vi si getta sopra e urla: “Disperazione, disperazione! Terribile il mio lamento. Tu che sempre eri con me nei giardini sulle rive del Nilo, immobili tra le bende sono ora le tue gambe. Mi riconosci? Sono la tua consorte, la tua amata sorella … La gioia è soltanto in colui che riposa in pace. Con il segno osirideo di djed (il pilastro di djed è il simbolo di Osiride) mangerà i cibi di Osiride… O dolore, dolore ! Desiderio grande ha il mio corpo del tuo, ma il tuo corpo è freddo. E tuttavia bello è questo giorno per la mummia che in sé rinserra uno scarabeo. Sono tua sorella e mi hai abbandonato. Sola devo tornare alla mia casa…”.

Ankhesenamon viene accompagnata lontano dal marito; nove uomini prendono la bara. I colpi di tamburo si intensificano; gli incensieri oscillano più rapidi. I nove amici gridano a turno : ” Dio viene. Dio viene”. Poi la bara scompare nella tomba. Rivedrà la luce tremiladuecentosessantatre anni più tardi.

I tamburi di lutto e di tristezza tacciono. Rapidamente la scena cambia. Si stendono le stuoie,si preparano le mense, il cibo viene distribuito, e anche le bevande: inizia il banchetto funebre. La musica è allegra. Danzatrici con il corpo coperto unicamente da qualche fiore di loto fanno di tutto per allontanare la tristezza. Il rito funebre che si svolge nella tomba durerà ancora a lungo, Il sovrano appartiene ormai al regno dei morti, è caduto nelle mani dei sacerdoti. Oscure e misteriose sono le cerimonie che hanno luogo nella sepoltura poche ore prima che essa venga chiusa per sempre. Fu Ankhesenamon a deporre l’ultimo mazzo di fiori sulla bara dell’amato consorte, gli stessi fiori ritrovati poi da Howard Carter.
(DOCUMENTARI) – EGITTO – Il Mistero Di Tutankhamon – DivX ITA .www.sharingfreelive.net