A cura di Olindo Foletti
Con questo titolo non voglio fare il bastian contrario e sovvertire il fatto che, da sempre, barche e navi di tutte le forme e misure sono costruite per navigare su fiumi, laghi, mari, ecc. Ci sono però delle eccezioni che vanno tenute in considerazione e mi riferisco, in questo caso, a quelle barche che sostengono i ponti (Ponti di Barche).
Prima di affrontare l’argomento è utile ricordare che questa tipologia di ponti fu utilizzata dapprima dai cinesi e, successivamente, dai greci e dai persiani, che costruirono un ponte di barche sull’Ellesponto, e dai romani, che costruirono un ponte di barche anche sullo stretto di Messina come raccontato da Plinio il Vecchio. Queste strade sull’acqua, dato il minor costo e la rapidità della messa in opera rispetto ai ponti tradizionali, erano convenienti non solo per il commercio ma anche, e soprattutto, per scopi militari.
Due fotografie scattate durante i due eventi bellici più importanti del secolo scorso.

Traino di un pezzo di medio calibro sull’Isonzo Seconda metà dell’ agosto 1917.

Gli alleati a Ficarolo sul Po 26 aprile 1945.
Prima di continuare sull’argomento occorre restringerne l’area e l’epoca, tenendo presente che ho passato la mia gioventù in un paese a due passi dal fiume Po, e su quei ponti ci ho camminato più volte (pagando il pedaggio). L’area presa in considerazione si estende da Cremona alla foce e, per quel che riguarda l’epoca, si va dall’inizio del secolo scorso fino agli anni settanta, quando i ponti furono sostituiti con quelli in ferro o più spesso in cemento.

1953 – Costruzione del ponte e allestimento delle chiatte
La costruzione era fatta in questo modo: si affiancavano due o più barche (barconi) a debita distanza e, con travi poste trasversalmente e fortemente ancorate alle stesse, veniva realizzata una chiatta. Sulle travi venivano poste poi delle traversine in modo da formare il piano stradale. Le chiatte erano legate fra loro con robuste catene e quelle terminali erano collegate alle rive del fiume con lunghe funi.
Raccontata così questa opera sembra piuttosto semplice, ma presenta particolari degni di considerazione, come l’ancoraggio delle chiatte terminali alle rive, fatto con funi robuste per resistere alla corrente e regolabili al tempo stesso per assicurare l’ancoraggio per l’innalzamento o l’abbassamento del livello dell’ acqua. Quando poi il livello sale il corso del fiume si allarga oltre un certo limite, si rende necessario inserire una o più chiatte in modo da adattare la lunghezza del ponte alla larghezza del fiume. Viceversa se il livello scende occorre toglierne in modo da evitare che i tratti terminali del piano stradale diventino troppo ripidi. Anche nel caso del passaggio di “bettoline” sul fiume, una o più chiatte al centro vengono sganciate e parcheggiate ai lati del ponte e ricollocate al loro posto a transito avvenuto. Queste operazioni sono lunghe e laboriose e causano l’interruzione del transito stradale. La stessa cosa accade in caso di piene molto consistenti. Si dice allora che il ponte “viene aperto” e gran parte delle chiatte al centro viene rimossa e ancorata a riva per evitare che il cedimento di qualche fune di collegamento possa pregiudicare tutta la struttura. In questa particolare circostanza l’interruzione del passaggio di mezzi e persone può durare diversi giorni. I ”Barconi,” così come venivano chiamati un tempo, erano costruiti in legno. Questo fino alla fase finale della seconda guerra mondiale, quando gli alleati dovendo attraversare il Po e tenendo conto che i rari ponti scampati ai bombardamenti non erano in grado di sopportare il peso dei mezzi corazzati, allestirono dei ponti con chiatte prefabbricate i cui scafi erano costruiti in ferro. Detti ponti rimasero in opera alcuni anni, fino a quando l’usura (leggi ruggine) costrinsero i gestori al loro rifacimento.
Le nuove barche non vennero più costruite in legno o metallo bensì in cemento armato. Si arriva cosi fino agli anni settanta, quando si comincia a sostituire tali ponti (un pò ’’traballanti”) con altri in cemento, più adatti al moderno traffico veicolare. Però qualcuno di essi si è salvato, non sul fiume Po, ma su altri dove l’alveo è più ridotto.

Questo permette, a chi ne a voglia, di visitarli e in proposito ne cito solo due perché più vicini al “bacino” dei nostri Soci: il primo attraversa il Ticino a Bereguardo-PV, il secondo collega le due sponde dell’ Oglio a Torre dell’Oglio in comune di Marcaria- MN.