A cura di Rolando Maeran
Cosa ci spinge a costruire un galeone? La forma, il piacere di lavorare il legno naturale con i suoi profumi e colori, la storia dell’originale, il fascino dell’antico o forse, più semplicemente, la fantasia che scatena in noi? Probabilmente tutto questo insieme. Ma non è forse vero che parlando di galeoni la prima cosa che viene in mente sono i pirati che vanno all’arrembaggio? Quanti film ci hanno fatto rivivere quelle imprese e fatto sognare i forzieri dei tesori che i galeoni trasportavano. I pirati, ad onore del vero, altro non erano che dei ladroni e tutte le avventure che abbiamo letto da bambini, e ci hanno esaltato nei film, in fin dei conti erano solo delle rapine a mano armata belle e buone. Rimane un fatto essenziale, tutte quelle storie sui tesori che trasportavano i galeoni si sono impresse nelle nostre menti e sono state tramandate fino ad oggi. Vedendo un modello di galeone, non possiamo fare a meno di pensare alla fortuna che giace in fondo al mare tra i resti di una nave? Pensate che si stima ci siano 100 miliardi di dollari o sterline (o anche Euro se vi piace) sotto il mare, andati perduti in naufragi. E’ un richiamo irresistibile, e pare esista una vera e propria bibbia dei cercatori di tesori e un mercato di mappe dove il confine tra realtà, leggenda e fantasia sono molto discutibili. Oggi poi, con l’avvento di Internet, i siti dei segreti nascosti in fondo al mare sono centinaia. Pensate che catena di leggende, vecchie mappe, passioni ed inganni, hanno acceso l’entusiasmo di finanziatori miliardari e anche l’interesse dell’opinione pubblica. In certi casi c’è gente che ha investito 500 mila dollari per una quota di proprietà di un tesoro sommerso, basandosi solo sul ritrovamento di alcune palle di cannone. Un’inchiesta condotta dalla S.E.C. e dall’Asic, che sono delle società di controllo delle banche americane e australiane, ha portato alla scoperta di una grande truffa ai danni di questi creduloni. Hanno costituito una società finanziaria, la “Arcipelago Financy Limited”, per vendere quote di tesori sommersi nelle Filippine. La società si è sciolta dopo che i due soci fondatori sono spariti con un milione e mezzo di dollari, raccolti con la promessa di recuperare monete e gioielli dal relitto di un galeone spagnolo. La scelta delle Filippine ha una ragione precisa, infatti, per oltre 250 anni, la capitale Manila è stata al centro di un florido commercio d’oro, gemme e tessuti preziosi. Lo stesso governo stima che nel mare delle Filippine siano naufragate non meno di 80 navi spagnole. Per convincere i clienti, la truffaldina “Arcipelago Financy Limited” ha mostrato ai suoi clienti i diritti di recupero di una vecchia carretta cinese che trasportava legname, spacciandoli come documenti di proprietà del carico di un galeone spagnolo. Secondo gli storici tra il Seicento ed il Settecento circa 13.000 galeoni facevano la spola tra l’Europa e l’America. Di questo impressionante numero almeno la metà è affondata. Gran parte di questi relitti si trova tra la costa orientale della Florida ed il Mar dei Caraibi. Quello che mi ha sconcertato, leggendo questi dati, è che noi modellisti conosciamo a malapena una ventina di navi d’epoca, forse dovremmo fare ricerche più approfondite anche noi!!!
Bisogna notare che molti ritrovamenti di relitti sono frutto di instancabili e lunghissime ricerche negli archivi delle potenze marinare di allora. I casi di ritrovamento casuali sono pochi. Pensate che esiste l’International Registry of Sunken Ships, il Registro ufficiale delle navi affondate, dove sono indicate le coordinate dei relitti di oltre 30.500 navi. Ovviamente questa flotta sommersa non è fatta da soli galeoni ma è evidente che il numero è veramente elevato. Altra curiosità sta nel fatto che una delle più grandi società specializzate nei recuperi marini è la canadese “Visa Gold Resources”. Guarda caso il Canada è uno dei più grandi partner commerciali di Cuba e ha legami molto solidi con i governi Caraibici. Non è tutto. La canadese “Visa Gold Resources” di Toronto ha mandato due suoi archeologi marini a cercare negli archivi della Camera di Commercio di Siviglia e alla Royal Naval Library di Londra, per ricostruire le rotte dei galeoni. Secondo loro ci sono miliardi di dollari sotto forma di lingotti e monete d’oro che giacciono sul fondo del mare. Bisogna pensare, infatti, che tra il 17° e 18° secolo, l’Avana era il porto più importante per il commercio tra i due continenti e nelle sue acque si nasconde una fortuna in metalli pregiati, pietre preziose e gioielli, che dopo essere stati depredati ai poveri Incas e Maya, dovevano raggiungere la Spagna. Tanto per citare il nome di un galeone che forse nessuno di noi conosce, la “Nostra Senora de Atocha” affondato nel 1622 avendo a bordo un tesoro valutato oltre i 400 milioni di dollari, pari a circa 775 miliardi delle nostre vecchie lire. Forse, invece di costruire deliziosi modelli di velieri, bisogna darsi alla ricerca sottomarina!!!
Saranno tutte leggende? Non lo so! Resta il fatto che questi cercatori dell’oro perduto stanno concentrando le loro attenzioni su un’isoletta del Costa Rica, Cocos Island, dove il pirata portoghese Benito Bonito, il corsaro William Dampier e il pirata Thompson pare abbiano nascosto un gran tesoro, tanto grande che al suo confronto Fort Knox sembra il salvadanaio di un bambino. Quest’ultimo pirata era il comandante di un brigantino, la “Mary Dear”, che nelle nostre nozioni modellistiche appare come un emerito sconosciuto. Forse qualcuno ne ha sentito parlare? Si tratta di una nave attorno al 1800 – 1820. Tanto per incrementare la vostra curiosità alcune misteriose mappe e pergamene parlano d’oro, diamanti, gioielli e argento in grado di riempire sei scialuppe di salvataggio. Tutte leggende, direte voi Beh, non del tutto. Ci sono stati effettivamente eccellenti ritrovamenti, tra i quali quello del galeone spagnolo “Santissima Trinidad” naufragato nel 1711 con un carico del valore stimato di 400 milioni di dollari tra lingotti d’oro e d’argento e monete. Questo galeone, dapprima protetto dalle acque del mare, fu ritrovato nel 1959 restando indisturbato grazie alle motovedette di Fidel Castro che negò sempre il permesso d’esplorazione a chiunque. Oggi la ricerca di denaro, per dare ossigeno all’economia cubana, ha fatto si che Fidel abbia ceduto alla famosa “Visa Gold Resources” i diritti di ricerca. Infine, per terminare questi pensieri sui tesori in fondo al mare, che dire dell’ HMS Sussex? Questa nave inglese nel 1694 s’inabissò nello stretto di Gibilterra durante una terribile tempesta, trascinando con sé, nel fondo del mare, a circa 900 metri di profondità, la bellezza di 10 tonnellate d’oro e 100 d’argento per un valore odierno di 6,75 miliardi di dollari. Tutto questo denaro dove andava? Gli storici dicono fosse una tangente che il Re Guglielmo III d’Inghilterra aveva destinato al duca di Savoia per non intromettersi nella guerra anglo-francese. La nave non arrivò mai a destinazione e il duca savoiardo si schierò con la Francia. Chi avrebbe detto, guardando un modellino con tutti i suoi alberi, drizze, sartiame, manovre correnti e dormienti, vele, stralli, portelli e cannoni che gli originali, seppure affondati da centinaia d’anni, fanno ancora parte della storia odierna? Secondo me, quando un visitatore si sofferma ad ammirare un bell’esemplare di modello di galeone, il suo sguardo và oltre l’oggetto. Ecco apparire nella sua fantasia i caldi mari del sud, comandanti spagnoli dalle ricche vesti colorate, nuvole di fumo staccarsi dalle fiancate delle navi piene di cannoni, vele bianche gonfie di vento, forzieri traboccanti di gioielli dove i pirati affondano le mani. Venendo a conoscenza di queste leggende sui tesori, si potrebbe pensare di entrare a fare parte dei novelli cercatori dell’oro perduto, con sofisticatissimi e modernissimi strumenti di ricerca per scandagliare gli oceani oppure, meglio ancora, costruire uno splendido galeone in miniatura.